giovedì 26 dicembre 2013

J'Accuse... Amore Mio - Faust'O

Titolo: J'Accuse... Amore Mio
Artista: Faust'O
Anno di pubblicazione: 1980
Nazionalità: Italia

New Wave all'italiana. Drum-machine, chitarra, sassofono e tastiere. Più voce teatrale che sembra quella di Renato Zero. Onestamente il genere non lo gradisco granché ma il primo album di Faust'O, Suicidio, l'avevo trovato piuttosto bello, soprattutto per la crudezza delle liriche (strumentalmente non si discosta poi molto da quel po' che conosco del genere, mi vengono soprattutto in mente i primi Ultravox). Questa volta mi è sembrato tutto troppo addolcito, sintetizzato.. falso, insomma. Una mezza delusione (Love Story mi era piaciuto ancor meno quindi non è che nutrissi grandi aspettative). Un'occasione sprecata, aggiungerei. A questo punto preferisco ascoltarmi Alberto Camerini che è più semplice e privo fronzoli.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5.5

domenica 15 dicembre 2013

Voivod - Killing Technology

Titolo: Killing Technology
Artista: Voivod
Anno di pubblicazione: 1987
Nazionalità: Quebec, Canda

Avevo letto in giro, a proposito dei Voivod, che Dimensions Hatross (il loro album successivo) non aveva mai avuto il riconoscimento meritato perché prima di lui era uscito un disco di thrash metal della miglior fatta e col successivo Nothingface avevano data una sterzata progressiva di altissima qualità (per intenderci, in Nothingface c'è una cover di Astronomy Domine, mica quelle cagate pseudo-prog che capita di ascoltare oggi).
Per quel che mi riguarda, confermo: Killing Technology è uno dei migliori dischi thrash che mi sia mai capitato di ascoltare. Nove (o sette, dipende se nella versione su vinile o su cd) tracce veloci e aggressive, con qualche assolo di chitarra che però non stona affatto (anche perché decisamente breve) e rette da una sezione ritmica irresistibile. La voce di Denis D'Amour, poi, credo sia stata una delle migliori in tutta la storia dell'heavy metal.
Se poi siete di quelli che del metal di solito non apprezzano le liriche, qua avrete una bella sorpresa: che siano contro il nucleare (Overreaction) o altre branche della tecnologia (Ravenous Medicine o la title-track), o anche solo quando si parla di una nave carcere che getta i prigionieri nello spazio con una sola ora di ossigeno, sono sempre ben scritti. Roba ai livelli di Pull the Plug dei Death.
E la copertina spacca. Quindi questo disco è fico.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

sabato 30 novembre 2013

Motorhead - Overkill

Titolo: Overkill
Artista: Motorhead
Anno di pubblicazione: 1979
Nazionalità: UK

Il disco è decisamente famoso, quindi non mi dilungherò. E' hard rock sporco e veloce (e misogino, ma c'è davvero bisogno di dirlo?). Lemmy ha la voce marcia. Però è un disco talmente immediato che non credo possa non piacere. Almeno per la title-track, Stay Clean, No Class o Capricorn. Alla fine se ascolto hard rock voglio roba grezza e questo disco ha tutto quello che si può desiderare dal genere. 34 minuti, poi è pure la durata che chiunque può reggere senza problemi.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

mercoledì 16 ottobre 2013

Aethenor - Faking Gold and Murder

Titolo: Faking Gold and Murder
Artista: Aethenor
Anno di pubblicazione: 2009
Nazionalità: internazionali

Gli Aethenor sono un supergruppo in cui milita, tra gli altri, Stephen O'Malley dei Sunn O))) (nomino solo lui perché è l'unico di cui conosca un po' il lavoro). Quindi ci si dovrebbe aspettare un album drone di quelli decisamente pesanti, visto che in ogni caso anche il resto del gruppo proviene da quel mondo.
Non è così, per fortuna: complice la presenza di due percussionisti e di una chitarra aggiunta, Faking Gold and Murder non si perde dietro stratificazioni sonore, anzi. Tra le distorsioni elettroniche e i campionamenti ambientali la batteria, pur essendo opprimente al punto giusto, aiuta agiudare il resto della strumentazione attraverso diverse atmosfere (chiaramente, trattandosi un disco di musica definita sperimentale, non si può fare a meno di far suonare le tracce come un continuum anche se sono in realtà quattro). Secondo alcuni uno dei punti forti dell'album sono le liriche da profeta dell'apocalisse di David Tibet (Current 93, altro ospite). Personalmente il suo stile non mi fa impazzire.
Ad ogni modo si tratta di un disco inquietante ma molto valido. Va però detto che nello stesso anno è uscito L'autopsie phenomenale de Dieu  di Kreng e quello sì che è un disco di musica sperimentale coi controcazzi.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

venerdì 13 settembre 2013

Portugal. The Man - Waiter: "You Vultures!"

Titolo: Waiter: "You Vultures!"
Artista: Portugal. The Man
Anno di pubblicazione: 2006
Nazionalità: Alaska, USA

Quello che mi piace particolarmente dei Portugal. The Man è la loro capacità di suonare molto personali pure quando si confrontano con scene musicali piuttosto codificate. Così Church Mouth può benissimo essere letto come una loro rivisitazione del blues e The Satanic Satanist come un omaggio (ancor più palese) alla scena psichedelica degli anni '60.
Waiter: "You Vultures!" fu il loro primo album e le coordinate stilistiche sono in questo caso prevalentemente quei gruppi alternative americani che si sono lasciati influenzare e dal rock progressivo e dall'emo. At the Drive-In su tutti e non credo sia un caso che tanto questo quanto il successivo Church Mouth siano usciti per la stessa casa discografica di Relationship of Command.
Si tratta di un album in cui, per quanto sia già evidente dove andranno a parare in seguito questi ragazzi (una parte del testo di How the Leopard Got His Spots sarà il leitmotiv vocale di It's Complicated Being a Wizard) la matrice sonora di riferimento occupa un posto importante al punto che, assieme alle linee vocali androGine caratteristiche del gruppo possiamo ascoltare momenti di canto sgolato in perfetto stile emo assieme a sprazzi di schizofrenia abrasiva che in seguito sarà completamente trasfigurata.
Rispetto ai dischi successivi, caratterizzati da uno stile eclettico e "bizzarro" ma sempre molto elegante e posato, Waiter: "You Vultures!" suona decisamente più viscerale.
Epperò se si va ad ascolare la conclusione Guns... Guns... Guns, colla sua sovrapposizione di distorsioni elettroniche, piano jazz e un discorso campionato mi chiedo se non abbiano comunque perso qualcosa, nonostante tutto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

mercoledì 11 settembre 2013

Earth - Angels of Darkness, Demons of Light II

Titolo: Angels of Darkness, Demons of Light II
Artista: Earth
Anno di pubblicazione: 2012
Nazionalità: Washington

Comincio il discorso con un'ammissione di ignoranza: non ho mai ascoltato i dischi che si citano generalmente  come capolavori degli Earth (i loro primi album).
Ciò detto, Angels of Darkness, Demons of Light II prosegue il discorso dal punto in cui si era fermato il precedente Angels of Darkness, Demons of Light I. Non che il titolo non ce lo facesse pensare, in effetti...
Come nel disco precedente, la quasi totalità dei brani (se escludiamo l'iniziale Sigil of Brass di tre minuti) è decisamente lunga, assestandosi su una media di 10 minuti. Non si arriva tuttavia ai 20 di Angels of Darkness, Demons of Light I (la traccia, non il disco).
Cosa succede in questi pezzi? Assolutamente niente. Non hanno il normale andamento di un pezzo rock, anzi, sono composti da linee strumentali opprimenti ed ossessive che si reggono su un uso della strumentazione molto più ritmico che melodico (vedi anche il lavoro di chitarra). Con l'aggiunta di un violino più stridente che melodioso. Pare che questo voglia portare da qualche parte e invece non è così.
Non è che tutto questo sia gratuito, però: ormai sono decenni che conosciamo il post rock e conosciamo lo stoner e conosciamo il doom e conosciamo il drone (anzi, il drone lo conosciamo anche grazie a loro), quindi sarebbe abbastanza stupido criticare a priori un disco che segue queste coordinate. Mi limiterò allora a parlare delle mie impressioni:
Probabilmente mi faccio influenzare dalla copertina ma il disco (i dischi) l'ho recepito come una colonna sonora per un viaggio notturno nel deserto americano accompagnato da Gluskap e qualche sostanza psicotropa. Banale? Molto. Comunque ho apprezzato lo stesso l'impasto sonoro.
Venendo ai lati negativi: non aggiunge nulla al disco precedente. Anche nei pezzi un po' più "anomali" (A Multiplicity of Doors che si abbandona a qualche suggestione freak folk) non mi è parso di sentire nulla di nuovo, per quanto ben suonato. Nessun pezzone del calibro di Old Black che, nella sua monotonia era un piccolo capolavoro.
Vale ugualmente la pena, ma solo se associato al precedente. Altrimenti, vista la strettissima affinità tra i due, è come perdersi un pezzo. Oppure si rischia di considerarlo un po' meglio di quanto non sia in realtà.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

martedì 10 settembre 2013

Arctic Monkeys - AM

Titolo: AM
Artista: Arctic Monkeys
Anno di pubblicazione: 2013
Nazionalità: UK

Visto che non sono mai aggiornato in tempo reale sulle nuove uscite (come si può vedere, non ci sono stati quest'anno articoli su The 2nd Law né su Colored Sands né su Random Access Memories né su tutti gli altri ritorni di quest'anno) almeno uno di questi album l'avrei voluto commentare per tempo. E avendo scoperto solo oggi che gli Arctic Monkeys han pubblicato il loro nuovo disco ieri, eccomi qui a dare la mia opinione così posso dire di aver fatto qualcosa. Per l'occasione ho pure evitato di leggere recensioni altrove.
Che gli Arctic abbiano in qualche misura dettato legge per quel che riguarda l'indie rock è una cosa che, volenti o nolenti, dobbiamo accettare. Non mi soffermerò sulla loro evoluzione, che la cosa non interessa a nessuno e probabilmente c'è gente che ne può parlare meglio di me. Per limitarmi ai miei personalissimi gusti (che poi sono l'unica cosa che viene segnalata qua dentro) mi piacevano quando erano dei londinesi cazzoni nei primi due album, mi piacevano ancora di più quando Josh Homme li aveva portati in territori psichedelici e un po' americani con Humbug e con Suck It and See avevano perso gran parte del loro carisma perdendosi dietro a uno stile troppo pop e troppo americano.
Cos'è dunque AM? Gli Arctic Monkeys che ormai non han più nulla di quel piglio cazzone e scanzonato dei primi dischi, gli Arctic Monkeys che migliorano nettamente per qualità di suono (soprattutto per quel che riguarda la chitarra, prendiamo Do I Wanna Know?), gli Arctic Monkeys che DIY non han quasi più nulla e si abbandonano ad una produzione laccatissima.
Cosa intendo con queste parole? Tastiere pompose (non so per i lettori, a me quello che piaceva degli Arctic Monkeys erano soprattutto le sonorità molto grezze), melodie accattivanti e facili e soprattutto l'uso spasmodico di coretti che neppure i peggiori Muse si sognerebbero mai. Quintessenza di queste sonorità sono One for the Road (uh-uh) e soprattutto Knee Socks che, seppure durante le strofe abbia ancora il piglio da ballata à la AM, nel ritornello e peggio ancora nella seconda parte si perde in questi giochetti. Orrore orrore, questi due pezzi sono proprio quelli che vedono la presenza alla voce di Josh Homme.
D'accordo, abbiamo detto le cose brutte, veniamo ai pregi: come ho detto, trovo che dal punto di vista delle sonorità il gruppo sia comunque migliorato così come nell'effetto d'insieme (certo, questo è sicuramente anche dovuto ad una produzione migliore rispetto a un Favourite Worst Nightmare).
Anche il tentativo di andare oltre le sonorità indie più "stantie" in favore di altre soluzioni in realtà è lodevole, per quanto in questo caso i risultati migliori siano quelli in direzione più sfacciatamente psichedelica (vedi Arabella, che ho trovato il pezzo più convincente anche perché lo stile chitarristico è bello hard rock) che non "da stadio"  (R U Mine?). Aggiungiamoci un pezzo un po' più particolare come  Snap Out of It che si lascia un po' influenzare dal dak cabaret e che almeno in un paio di brani (Why'd You Only Call Me When You're High? e Mad Sounds) il gruppo riesce a trovare una cerca coesione e a non fare suonare banali neppure i coretti per voce bianca. Certo, per ogni Mad Sounds c'è una I Wanna Be Yours...
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5

lunedì 9 settembre 2013

Puscifer - V Is for Vagina

Titolo: V Is for Vagina
Artista: Puscifer
Anno di pubblicazione: 2007
Nazionalità: California, USA

Il nome di Maynard James Keenan è presumibilmente conosciuto tra chi cerca nel metal un approccio cerebrale nonostante l'uso di sonorità alternative. Ovviamente mi sto riferendo a quel gruppone che sono i Tool e non agli A Perfect Circle, i quali, per fostruna o per sfortuna, mi hanno anche fatto un po' schifo (ho provato il solo Mer De Noms e non mi ha fatto venire voglia di provare Thirteenth Step).
Spendo che si tratta di un side-project e avendolo sempre immaginato come uno di quei lavori che un musicista fa più per distrarsi che per altro, non mi ci sono avvicinato pretendendo di trovarmi tra le orecchie un altro Lateralus. Certo, questo anche perché sapevo già che Puscifer è un progetto che si muove tendenzialmente in direzione industrial.
Appunto, di industrial si tratta: basi elettroniche dai battiti ossessivi nella migliore tradizione di gruppi come Godflesh epperò per niente artigianali (giusto perché se scrivo sintetiche sembra scontato) come possono suonare quelle di gruppi più vecchi (per fare un esempio negativo ogni tanto, gli Skrew). Insomma, direi che il punto di contatto più comprensibile siano i Nine Inch Nails.
Siamo sinceri, non ho mai apprezzato più di tanto le correnti industrial più ballabili e sintetiche: preferisco di gran lunga roba più grezza. Questo significa che un album di questo tipo difficilmente mi piacerà (anche se poi i Nine Inch Nails mi piacciono parecchio e mi è capitato di ascoltare ininterrottamente cagate come Star By Star dei Kovenant). V Is for Vagina è purtroppo un album che, nonostante una cura più che notevole e la presenza di pezzi che onestamente non mi spiacerebbe sentire se vado a ballare (Indigo Children e The Undertaker) non va oltre la sufficienza, anche perché non mi pare che aggiunga nulla di nuovo al genere. Per quel che riguarda i testi (che poi lo sappiamo tutti che Keenan è un gran paroliere) ho apprezzato parecchio quelli a contenuto religioso (Sour Grapes, REV 22:20), assieme a Trekka che nel suo incedere marziale mi ha colpito.
Con tutto questo, comunque, il brano che credo di aver preferito è quello decisamente meno industrial e più sfacciatamente alternative e soprattutto americano, vale a dire Momma Sed.
Ah, giusto, quando Keenan canta con voce da baritono vale davvero la pena di ascoltare, anche se non è espressivo come in Aenima o in Schism.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5

lunedì 26 agosto 2013

Strings of Consciousness - Our Moon Is Full

Titolo: Our Moon Is Full
Artista: Strings of Consciousness
Anno di pubblicazione: 2007
Nazionalità: Multiculturale

Tendenzialmente col post-rock del 2000 non vado molto d'accordo: molto spesso ci si perde dietro soluzione da colonna sonora che non mi hanno mai entusiasmato (per citare un nome nostrano, i Giardini di Mirò). Ovviamente le dovute eccezioni ci sono (per citare di nuovo un nome nostrano, And Then We Met Impero dei Meganoidi) . Questo Our Moon Is Full si situa a metà strada: i momenti di distensione si alternano molto bene con quelli più inquietanti, la musica acustica con quella elettronica e il recitato con le parti puramente strumentali per creare un disco tutto sommato molto compatto e godibile. Nulla di particolarmente originale, questo è vero (pensiamo ai 65daysofstatic o agli Explosions in the Sky) però laddove quei gruppi sono molto spesso troppo "sognanti" e "ambientali", in Our Moon Is Full si nota una ricerca un po' meno banale. Insomma, che lo provi anche chi di post-rock non ha poi ascoltato molto. O chi non ne sa nulla.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

lunedì 12 agosto 2013

Fucked Up - Hidden World

Titolo: Hidden World
Artista: Fucked Up
Anno di pubblicazione: 2006
Nazionalità: Canada

Teoricamente i Fucked Up vengono associati all'hardcore punk. Se può essere vero per la velocità a cui suonano e la cazzutaggine che ci mettono, alla fine il risultato non può certo dirsi hardcore in senso stretto, soprattutto a causa delle chitarre ipereffettate che fanno tanto shoegaze col loro muro sonoro sotto il quel si riconoscono degli ottimi riff (che comunque suonati in questo modo rendono molto più che se fossero puliti). Quanto alla batteria, l'altro strumento particolarmente presente, aiuta parecchio a creare il crescendo drammatico dei pezzi, soprattutto quando si eclissa per un paio di minuti per poi ritornare più incazzata di prima (vedi la title-track).Cantato cattivo e urlato al limite del growl. Liriche possenti, di cui alcune (come Crusades) che, cantate in un modo più pomposo o meno asciutto (e suonate in maniera più tamarra) potrebbero benissimo trovarsi in un disco di gruppi come Manilla Road o Virgin Steele. Nettamente superiore al successivo The Chemistry of Common Life.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8

martedì 23 luglio 2013

Mortem - Slow Death

Titolo: Slow Death
Artista: Mortem
Anno di pubblicazione: 1989
Nazionalità: Norvegia

Hellhammer e Sverd, rispettivamente batterista e tastierista (qui alla chitarra) degli Arcturus, prima di entrare negli Arcturus. Tredici minuti di death metal cupo e asfissiante, che si fa ricordare più per la sezione ritmica che per altro.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 4.5

venerdì 5 luglio 2013

Gorguts - Considered Dead

Titolo: Considered Dead
Artista: Gorguts
Anno di pubblicazione: 1991
Nazionalità: Quebec, Canada

L'equivalente di Leprosy dei Gorguts. Doppia cassa martellante, riff killer e taglienti, growl degno di Schuldiner e pure delle linee di basso parecchio buone. Il tutto a supporto di tematiche estremamente crude e putrescenti: si va dall'angosciante storia di un uomo perduto in una giungla che cade in una fossa e là, attorniato da cadaveri, marcisce e perde la sua unica possibilità di salvezza (Bodily Corrupted) a narrazioni di un'epidemia di peste (Considered Dead) o di chi muore sepolto vivo da una tormenta di neve (Stiff and Cold). Tutti brani narrati in prima persona. Se non vi viene in mente Pull the Plug vuol dire che di death metal non avete mai ascoltato nulla. E questo (come Scream Bloody Gore) potrebbe essere un ottimo inizio.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

Edit dell'ultimo minuto: a leggere tutto questo potrebbe sembrare che si tratti della quintessenza del death metal classico della Florida (al di là della provenienza dei Gorguts). In realtà ci sono dentro molta più tecnica e abilità di quanto possa sembrare. Provare Hematological Allergy per credere.

sabato 22 giugno 2013

The Jesus Lizard - Head

Titolo: Head
Artista: The Jesus Lizard
Anno di pubblicazione: 1990
Nazionalità: Illinois, USA

Un'oasi di depravazione.
Valutazione personale: 8

giovedì 20 giugno 2013

Ultravox - Ultravox!

Titolo: Ultravox!
Artista: Ultravox
Anno di pubblicazione: 1977
Nazionalità: UK

Conoscevo gli Ultravox solo per Vienna, e devo dire che a me il synth pop di quel tipo lì fa un po' schifo. Tuttavia, siccome se si guarda in giro la prima parte della loro carriera è considerata abbastanza bene ho deciso di provare anche questo.
Trattandosi di un album del '77 non ho idea della validità dell'etichetta post punk, ma direi che il paragone più immediato e lusinghiero che mi viene in mente è con The Modern Dance dei Pere Ubu.
Che non si fraintenda, però: Ultravox! è un disco sì nichilista in pieno stile new wave (vedi I Want to Be a Machine, probabilmente il miglior pezzo dell'album), ma rimane un prodotto estremamente accessibile. Brani come Slip Away potrebbero benissimo sentirsi in discoteca, Lonely Hunter ha un basso funky irresistibile e The Wild, the Beatiful and the Damned è una ballata pwer che più power non si può con tanto di assolone di chitarra (con qualche modifica potrebbe benissimo stare in un disco dei Savatage, per dire). Ciononostante rimane parecchio coinvolgente, anche grazie ad un bellissimo uso del violino e delle tastiere.
Insomma, siamo su tutt'altri livelli rispetto a Vienna, anche se un assaggio di quel disco lo si può avere nella conclusiva My Sex (che appunto mi sembrato il momento peggiore). Non si potrà considerare un capolavoro, ma trovo che si tratti davvero di un buon ascolto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

lunedì 10 giugno 2013

Amebix - Redux

Titolo: Redux
Artista: Amebix
Anno di pubblicazione: 2010
Nazionalità: UK

Musica tra hardcore punk ed heavy metal. La consapevolezza politica dell'uno e la cafonaggine dell'altro. Se i Napalm Death li avevo trovati quantomeno interessanti per le tematiche (per quanto il grindcore non mi piaccia come genere), gli Amebix trovano il giusto compromesso: tra atmosfere opprimenti ma mai lente (dimentichiamoci il doom) e invettive politiche e antireligiose c'è tutto il necessario per ottenere un prodotto di qualità. Oltre a questo ho ascoltato il loro primo EP (datato 1982). Dopo ventott'anni continuano a spaccare i culi.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

Dälek - Absence

Titolo: Absence
Artista: Dälek
Anno di pubblicazione: 2004
Nazionalità: New Jersey, USA

Dälek ha un flow della madonna, di quelli old school duro e puro. I testi sono tra i più cattivi e anti-americani che mi siano capitati. La parte strumentale è fuori da tutto quello che ho sempre considerato hip hop: sferzate noise reiterate e alienanti degne dei migliori Einsturzende Neubauten a partire dall'iniziale Distorted Prose che alterna strofe e rumori in modo tale da non lasciare un attimo di respiro all'ascoltatore (aggiungiamoci pure le due strumentali di puro rumore Absence e Koner). Ai livelli del miglior Aesop Rock.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8.5

Conventum - À l'Affût d'un Complot

Titolo: À l'Affût d'un Complot
Artista: Conventum
Anno di pubblicazione: 1977
Nazionalità: Canada

Musica francofona popolar-fighetta.
Siate snob, permettetevi un po' di bossa nova, qualche eco jazz e tanto folklore!
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

venerdì 31 maggio 2013

Alberto Camerini - Alberto Camerini

Titolo: Alberto Camerini
Artista: Alberto Camerini
Anno di pubblicazione: 1980
Nazionalità: Italia

Ad un primo ascolto sembra di ascoltare gli scarti di Rudy e Rita. Poi ti accorgi che Rudy e Rita è del 1981. Quindi mi vien da considerarlo un disco di preparazione.
Comunque manca quasi del tutto la componente synth-pop del disco successivo (salvo che per pezzi come Sintonizzati con Me o Re di Plastica) in favore di una vena rock più marcata (Elena). A volte persino degli assoli di chitarra. La cosa che personalmente mi piace molto di Camerini è il tono fiabesco e "per bambini" che hanno i suoi testi e pure qui ci sono dei pezzi carini (Lei lo sa Già) e pure qualche momento gratuito (Frittelle e Balanzone). Ciò non toglie che brani come Stasera, Ska-Tenati e Voglio Te siano veramente pessimi. In altre parole, Camerini vale molto più la pena di ascoltarlo in un best of che in un album singolo.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5

sabato 27 aprile 2013

Swans - Cop

Titolo: Cop
Artista: Swans
Anno di pubblicazione: 1984
Nazionalità: New York, USA

Orrore. Non è estremo come Filth, ma il suo dovere lo fa anche troppo bene. La title-track è il minimo d'ascolto richiesto.
Valutazione personale per chi cercava qualcosa da leggere e non l'ha trovato: 8

Ufomammut - Eve

Titolo: Eve
Artista: Ufomammut
Anno di pubblicazione: 2010
Nazionalità: Italia

Gli Ufomammut li vedo come i Boris nostrani. Mentre quelli però si sparano le pose intellettuali pubblicando tre album che odorano di post-moderno lontano un miglio nel 2013 (con tutto che New Album mi è piaciuto un sacco e ho osato persino comprare Heavy Rocks 2), i nostri rimangono fedeli al loro stoner/sludge a tinte iperpsichedeliche. Rispetto a un disco come Godlike Snake ci sono molti più inserti elettronici e linee vocali effettate ed incomprensibili, oltre ad uno stile nettamente più dilatato e onirico (quasi post metal, oserei aggiungere). Non mancano comunque le sfuriate estreme e il disco può vantarsi pure di non girare intorno a due-tre idee musicali in croce. Potrà sembrare poco, ma se consideriamo che si tratta di una traccia unica di 45 minuti che riesce a non annoiare per tutta la sua durata, a me pare più che sufficiente. Meno riuscito di Snailking ma comunque un buon prodotto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

domenica 14 aprile 2013

Fear Factory - Soul of a New Machine

Titolo: Soul of a New Machine
Artista: Fear Factory
Anno di pubblicazione: 1992
Nazionalità: California, USA

Riff veloci, taglienti eppure dal groove irresistibile (roba che neppure i Pantera di Cowboys from Hell) uniti ad una batteria massacrante, un growl la cui comprensibilità è sempre sul filo del rasoio e che viene sempre affiancato ad una voce pulita filtrata elettronicamente (ascoltare Big God/Raped Souls e poi confrontare con Evolutionary Sleeper dei Cynic). Pure, se prendiamo un pezzo come Suffer Age, potremmo benissimo stare ascoltando un estratto da Scream Bloody Gore (album di debutto dei Death, per i neofiti), con tanto di schitarrata iniziale che fa tanto anni '80. Aggiungiamo liriche impegnate socialmente e momenti in cui il cantato raggiunge velocità folli (una spruzzata di Napalm Death, insomma). Se riuscite a concepire tutto questo insieme avrete un'dea del motivo per cui i Fear Factory siano un'istituzione del metal estremo (industrial soprattutto). Non credo sia un caso se tra i riff di Self Immolation ce ne sia uno che è praticamente identico a quello di Snap Your Fingers, Snap Your Neck dei Prong (altro gruppo fondamentale per nascita e sviluppo di sonorità di questo tipo). Cleansing però uscirà solo nel 1994.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8.5

martedì 26 marzo 2013

Vampire Rodents - War Music

Titolo: War Music
Artista: Vampire Rodents
Anno di pubblicazione: 1991
Nazionalità: Canada

Vedete subito cosa c'è di strano in questa copertina, no? Beh, più o meno è lo stesso per la musica: rumori, campionamenti, montaggio giocato molto sul ritmo e pochissimo sulla melodia, testi intrisi di humor grottesco, voce che le regole base del cantato le segue solo quando ha voglia; e basta ascoltare già l'iniziale Dumme Weisse Menschen per questo. Poi ci sono pezzi irresistibilmente accattivanti che ad un ascolto attento si rivelano essere concentrati di umorismo macabro come Abortion Clinic Deli, strutturata come un'allegra marcetta pubblicitaria, salvo promuovere il consumo in massa di feti abortiti. Laddove tutto dovrebbe essere normale, c'è un elemento spiazzante e inquietante messo in bella vista come se fosse la cosa più normale del mondo. Immagino sia questo il fascino dei Vampire Rodents. Peccato avere ascoltato Lullaby Land senza fare attenzione ai testi, prima o poi rimedierò.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

sabato 23 marzo 2013

Kanar - Steppes III

Titolo: Steppes III
Artista: Kanar
Anno di pubblicazione: 2007
Nazionalità: Francia / Canada

Violini, fondamentalmente. E pianoforti. Ed elettronica quanto basta. Molto carino e rilassante. Se si ha voglia di un'oretta di musica non troppo impegnativa ma estremamente di classe, questo disco è perfetto.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

martedì 19 marzo 2013

Vader - Welcome to the Morbid Reich

Titolo: Welcome to the Morbid Reich
Artista: Vader
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Polonia

Il metal più di tutti gli altri insiemi di generi ha questo immenso difetto, di avere per ogni gruppo innovativo (Arcturus, Ulver, Fear Factory, Strapping Young Lad, ecc.) una decina di gruppi altrettanto famosi (se non di più) che invece promuovono le stesse cose che si suonavano venti anni prima. Per estensione, un disco death/thrash pubblicato nel 2011 che suona come un disco di fine anni '80 dovrebbe essere da bocciare in toto. Solo che Welcome to the Morbid Reich è suonato maledettamente bene: 12 pezzi per un totale di 37 minuti che non risparmiano l'ascoltatore neppure per un istante, retti da una doppia cassa martellante, assoli brevi ed incisivi dei due chitarristi; quanto al growl, di solito lo detesto perché non fa capire nulla delle liriche (per quanto questo a volte sia solo positivo), ma in questo caso non solo è comprensibile ma aiuta a dare un tocco di ferocia in più a dei testi estremamente violenti e "demoniaci". Aggiungiamoci che si tratta di un concept album piuttosto ben riuscito e che la produzione è straordinariamente pulita per il genere di riferimento e avremo un disco quantomeno accettabile. Davvero, se vogliamo ascoltare thrash metal oggigiorno, almeno dedichiamoci ad uscite come questa.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

Built to Spill - Perfect from Now On

Titolo: Perfect from Now On
Artista: Built to Spill
Anno di pubblicazione: 1997
Nazionalità: Idaho, USA

Se non l'avessi ascoltato non ci avrei mai creduto. Il brano più breve dura cinque minuti, il più lungo nove (otto brani per quasi un'ora di musica), l'amalgama è pressoché perfetta, tanto che neppure uno dei passaggi sembra fuori posto (e in pezzi tanto lunghi non è affatto facile, specie quando la proposta è easy-listening come questa). Non si può rimproverare nulla. Anche ad ascoltarlo con distacco, dopo un po' la musica dei Built to Spill entra nell'ascoltatore e lo scioglie a poco a poco.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 9

Swans - Filth

Titolo: Filth
Artista: Swans
Anno di pubblicazione: 1983
Nazionalità: New York, USA

Batteria pompatissima e martellante, chitarra che suoni non ne fa ma produce solo rumori, liriche sconnesse e violente che peggio di così non so cosa possa uscire e una voce perfettamente in linea con le direttive di cui sopra. Eppure uno di quei dischi che prendono sin dal primo istante, anche se sono malvagi. Praticamente un capolavoro.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 9

Jon Hassell - Vernal Equinox

Titolo: Vernal Equinox
Artista: Jon Hassell
Anno di pubblicazione: 1977
Nazionalità: Tennessee, USA

Non sono un appassionato di World Music, questo è certo, però nel caso specifico sono soddisfatto. Praticamente il disco si regge solo su marimba e tromba con la prima che dà un tocco splendidamente esotico e la seconda che viene suonata in maniera molto particolare (il suono è estremamente riverberato e profondo) e che imita in maniera abbastanza palese i raga indiani. Insomma, un disco da ascoltare anche senza che ci sia bisogno di dire molto.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8

domenica 10 marzo 2013

American Music Club - California

Titolo: California
Artista: American Music Club
Anno di pubblicazione: 1988
Nazionalità: California, USA

Vi ricordate di quel capolavoro di Down Colorful Hill dei Red House Painters? Siamo in quelle regioni lì. California è un disco che più deprimente non si può; e come potrebbe essere altrimenti con liriche come "Try and try, leave a trace / and all we ever leave is a sour taste" (Highway Five) o "I tought gravity helped you to dance / but it just makes you sink" (Now You're Defeated). Strumentalmente è tutto ridotto all'osso (anche il numero di note), ma, invece di sfruttare composizioni lunghe e monotone (come in Down Colorful Hill), California è composto da 12 brevi pezzi (durata media di circa tre minuti) che si rifanno alla tradizione americana (prendiamo il blues di Western Sky), con pure qualche punta di country di quello deformato dai soliti Meat Puppets (se dovessi individuare un gruppo simbolo per gli Stati Uniti probabilmente sarebbero loro). Questo permette pure di trovare brani immediati e godibili come Firefly e Bad Liquor. Peccato che anche quelli siano un concentrato di depressione senza paragoni. Mark Eitzel è in ogni caso un interprete favoloso. E il disco è una di quelle perle rare che è davvero un piacere ascoltare.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8

Sons of Kyuss - Sons of Kyuss

Titolo: Sons of Kyuss
Artista: Sons of Kyuss
Anno di pubblicazione: 1989
Nazionalità: California, USA

I Sons of Kyuss altri non sono che i Kyuss prima di cambiare nome. Ma è come ascoltare un disco dei Kyuss. Anzi un demo, ma dura quaranta minuti. Quaranta minuti di stoner rock duro e puro, con distorsioni anni '70 e qualità del suono anche un po' becera (ma è autoprodotto, quindi glielo si concede). Sette pezzi di non meno di cinque minuti che parlano di motociclette e del deserto, tutti suonati con la foga di pezzi come Green Machine e impreziositi dalle divagazioni chitarristiche del solito Josh Homme. Gran musicista, lui.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

Marc Johnson - The Sound of Summer Running

Titolo: The Sound of Summer Running
Artista: Marc Johnson
Anno di pubblicazione: 1997
Nazionalità: Nebraska, USA

Ci si potrebbe chiedere, dopo un po' che si leggono questi post: ma il jazz costui lo conosce? Un po' sì, ma ho sempre trovato difficile parlarne. Quindi cominciamo con qualcosa di semplice. Marc Johnson al basso, Joey Baron alla batteria e Bill Frisell e Pat Metheny alla chitarra. Fondamentalmente mi è sembrato un disco fusion di quelli con le chitarre pulitissime e dal suono più che limpido (spesso suonate con gli armonici) e del tutto atmosferici. L'effetto è troppo americano per i miei gusti. Se non avete capito niente, vi do almeno un punto di riferimento nel mondo del rock: i Meat Puppets di Up on the Sun, specialmente quelli dei pezzi strumentali (Seal Whale). Però jazz. L'effetto non è male.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: non pervenuta

sabato 9 marzo 2013

Kurt Vile - Smoke Ring for my Halo

Titolo: Smoke Ring for my Halo
Artista: Kurt Vile
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Pennsylvania, USA

Oramai è complesso fare l'ascoltatore: da un lato i recensori che pretendono (da intendersi nel senso inglese di "pretending") di essere obiettivi e dall'altro gli ascoltatori casuali. E se non si amano i gruppi blasonati dagli ascoltatori casuali si viene inseriti in categorie poco lusinghiere. Ovviamente questa è un'esagerazione, ma fondamentalmente il mio dubbio è: perché è sbagliato ascoltare anche l'altra campana? Perché se Last Night degli Strokes è più godibile di People Say dei Portugal. The Man i secondi dovrebbero essere meno belli? Risposta: perché (limitatamente all'Italia, non conosco la loro popolarità allestero) gli Strokes son più famosi. Entrambi i gruppi si rifanno a sonorità anni '60 (specie nell'album The Satanic Satanist di cui avevo parlato tempo fa); io ho semplicemente iniziato con i Portugal. The Man. Questo fa di me un anticonformista a tutti i costi? Pare di sì. Una volta chiaritolo, basta non farsi il sangue marcio ogni volta eproseguire come sempre, sperando che la nostra mano non vada a mai a battere sulle tastiere di Ondarock.
Venendo a Kurt Vile: personalmente mi è sempre piaciuta quella scena americana che comprende nomi come Ben Chasny (Six Organs of Admittance) e Devendra Banhart e che si rifà alla psichedelia anni '60 condendola con quel pizzico di quel folk in cui gli statunitensi sono maestri e che non può non portare a Bob Dylan. Ecco, Smoke Ring for my Halo è essenzialmente questo: un Dylan (non mi si fraintenda, di impegno sociale qui non c'è nulla, è solo per dare delle coordinate stilistiche per quel che riguarda la musica) sotto acidi che suona una chitarra acustica a dodici corde (unica eccezione In my Time, in cui l'amplificazione è anche elettrica) perdendosi in divagazioni strumentali dal sapore trascendentale (non certo nel senso kantiano del termine) che personalmente mi ricordano Nightly Trembling dei Six Organs of Admittance. Un disco dalle bellissime atmosfere psichedeliche registrato con la cura dei giorni d'oggi. Magari se si è degli inossidabili del lo-fi la cosa farà storcere il naso; personalmente ho apprezzato parecchio, devo dire.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

The Flying Lizards - The Secret Dub Life of the Flying Lizards

Titolo: The Secret Dub Life of the Flying Lizards
Artista: The Flying Lizards
Anno di pubblicazione: 1996
Nazionalità: UK

A quanto pare il disco fu registrato nel 1978. Questo me lo fa rivalutare in positivo. In ogni caso si tratta di un album di quasi un'ora composto da composizioni elettroniche a ritmiche dub (quindi se non vi piace anche solo un poco il reggae non ascoltatelo). I Blind Idiot God prestati all'elettronica, direi io. In ogni caso è un disco molto carino, perfetto come sottofondo per qualunque occupazione.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5

domenica 3 marzo 2013

Widowspeak - Widowspeak

Titolo: Widowspeak
Artista: Widowspeak
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Washington, USA

Immagino che si sia capito che non sono un appassionato di indie rock. Perché allora continuo ad ascoltare questo tipo di album, mi si potrebbe chiedere? Le risposte sono diverse e di certo nessuna corrisponderebbe fino in fondo a verità. Forse sotto sotto non mi fa schifo quanto dico. O forse è solo perché si tratta di un prodotto dei nostri tempi e noi, nel bene e nel male, dobbiamo averci a che fare. Comunque nel caso specifico si tratta di un album tutto sommato ben fatto, coi soliti riverberi chitarristici che fanno tanto shoegaze, una voce femminile sognante e una certa malinconia di fondo persino un po' pop. Insomma, un disco contro cui si può dire ben poco ma che per me non ha praticamente attrattive. La copertina, però, è molto bella.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5

lunedì 11 febbraio 2013

Dead Can Dance - The Serpent's Egg

Titolo: The Serpent's Egg
Artista: Dead Can Dance
Anno di pubblicazione: 1988
Nazionale: Australia

Visto che l'anno scorso i Dead Can Dance (Lisa Gerrard e Brendan Perry) sono tornati sulle scene dopo 16 anni con Anastasis, approfittiamone. Con questo ho ascoltato solo tre dei loro album (gli altri due sono l'esordio e il bellissimo Spleen and Ideal), quindi non posso dire di averne una conoscenza particolarmente approfondita, ma mi piacciono tantissimo le atmosfere medievali che riescono ad ottenere con una strumentazione elettronica, senza contare che la voce della Gerrard è sempre un piacere da ascoltare. Quando invece è Perry a cantare i brani mi suonano meno convincenti e visto che nell'esordio i due si dividevano equamente le tracce, ecco che quello passa da momenti eccezionali come Ocean ad altri abbastanza anonimi come The Trial. In The Sepent's Egg Perry canta solo in Ulysses e in Severance, ma si inserisce molto meglio nel tessuto musicale. Le armonie vocali di Lisa Gerrard, invece, sono una garanzia. Magari non sarà il loro miglior disco, ma garantisco che vale la pena di essere ascoltato

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

Post Scriptum: a chi apprezzasse questo genere di cose non posso fare a meno di consigliare gli In the Nursery

Biohazard - Urban Discipline

Titolo: Urban Discipline
Artista: Biohazard
Anno di pubblicazione: 1992
Nazionalità: New York, USA

Avevo sentito parlare altre volte di "rapcore", ma da ex-metallaro che tutt'ora coll'hip hop ha qualche difficoltà a relazionarsi ho sempre preferito sorvolare. Certo, c'erano i Rage Against the Machine, ma non mi è mai sembrato che avessero una forte vena rap, quantunque (parola complicata messa lì perché sì) li conosca poco. Urban Discipline è un disco hip hop (e di hip hop serio, che parla di roba tosta) suonato dai Metallica (i Metallica dei tempi d'oro, non quelli di Lulu). Ascoltate per vedere quanto è vero.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

domenica 10 febbraio 2013

Prong - Primitive Origins

Titolo: Primitive Origins
Artista: Prong
Anno di pubblicazione: 1987
Naizonalità: New York, USA

I prong fino ad oggi li conoscevo praticamente solo per due dei loro album più "alternative", vale a dire Cleansing e Prove You Wrong. Primitive Origins fu invece il loro primo EP ed è di stampo totalmente diverso: thrash metal e hardcore punk miscelati in un'ottimo disco crossover, come se gli Anthrax flirtassero coi Suicidal Tendencies (anche grazie alle tematiche socialmente impegnate). In più lo stile vocale di Tommy Victor mi ricorda parecchio quello di A.C. Wild dei Bulldozer (gruppo che vale la pena citare anche solo perché tra le migliori formazioni del metal italiano tutto). Se vi piace il genere, vale sicuramente la pena.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

Alchemist - Jar of Kingdoms

Titolo: Jar of Kingdoms
Artista: Alchemist
Anno di pubblicazione: 1993
Nazionalità: Australia

Il 1993 fu un anno eufemisticamente importante per la scena death metal: tra Elements, Individual Thought Patterns e Focus, la scena più sperimentale produsse alcuni tra i suoi dischi migliori. E quanto al death metal di stampo classico, Covenant dei Morbid Angel è uno dei migliori nel suo genere. Tutta roba americana, se ben si nota. Gli Alchemist invece provenivano dall'Australia e avevano all'epoca all'attivo un unico demo, Eternal Wedlock, che si faceva notare un po' per il basso pulsante e un po' per la schizofrenia andante. Viste le premesse, Jar of Kingdom sarebbe stato un album caratterizzato da cambi di tempo repentini e poco altro (magari più vicino al mathcore dei Lethargy). Invece si tratta di un disco in cui il growl incomprensibile di Adam Agius svetta su motivetti che potrebbero benissimo stare in un album indie rock (Brumal - A View from Pluto), dove si può ascoltare una chitarra pulitissima flirtare con una altrettanto distorta mentre il basso effettato suona come un synth, in cui i cambi di ritmo possono sopraggiungere in ogni momento; un disco che in alcuni momenti suona persino swing (per quanto violentato dal death metal). Un concept album sul misticismo e l'anima come parte del tutto trasportato in un viaggio astrale che si conclude con la contemplazione di Dio(?). Prendete i Gojira di From Mars to Sirius, togliete loro ogni influenza sludge e l'ambientalismo per mettere math rock, death metal di stampo più crudo e fantascienza/olismo. Ecco, se non ci avete capito nulla avrete una idea del disco. In altre parole, ascoltatelo che ne vale la pena.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8

Post Scriptum: nel '93 sono usciti anche Above the Light dei Sadist (Italia) e The Spectral Sorrow degli Edge of Sanity (Svezia). Che non si pensi che la scena death metal importante sia limitata ai soli Stati Uniti.

Dinosaur Jr. - Dinosaur

Titolo: Dinosaur
Artista: Dinosaur Jr.
Anno di pubblicazione: 1985
Nazionalità: Massachusetts, USA

I Dinosaur Jr. sono uno di quei gruppi americani piuttosto conosciuti anche in Italia, quindi non credo che abbiano bisogno di presentazioni. Dirò quindi poche cose: Mascis è uno dei miei chitarristi preferiti per come riesce ad inserire i suoi assoli in brani retti da sonorità ipnotiche e distorte (non penso però che si possa anche solo citare lo shoegaze, lo faccio sapendo di errare); questo nonostante di solito degli assoli di chitarra mi importi ben poco. In seconda istanza, Dinosaur (che fu il loro primo disco) è un disco in cui convivono in maniera molto bella momenti estremamente lirici e a momenti deprimenti (Quest) ad altri al limite dell'hardocre (Mountain Man), a volte persino nello stesso brano (Cats in a Bowl). A questo aggiungiamoci anche dei testi per niente banali (Severed Lips parla di una bambola gonfiabile ma non ha nulla di comico) e avremo un album d'esordio eccellente.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

sabato 9 febbraio 2013

Fuck - Pardon my French

Titolo: Pardon my French
Artista: Fuck
Anno di pubblicazione: 1997
Nazionalità: California, USA

Personalmente, viste le atmosfere da vaccari inserite in una musica fondamentalmente alternative, mi è venuto quasi immediato pensare ai Meat Puppets (specie a Up on the Sun). A differenziarli c'è una varietà dei pezzi davvero notevole, visto che si va dalla ballata Fuck Motel, che è la perfetta colonna sonora per un video sui cowboys di oggi alla fanfara Thoroughfare che coll'atmosfera del disco c'entra davvero ben poco. Eppure c'è e c'è pure una tromba. Accettiamolo e diamo una possibilità al disco.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5

domenica 3 febbraio 2013

Kvist - For Kunsten Maa Vi Evig Vike

Titolo: For Kunsten Maa Vi Evig Vike
Artista: Kvist
Anno di pubblicazione: 1995
Nazionalità: Norvegia

Black metal di scuola norvegese. Cosa aspettarsi se non un concentrato di chitarre sferzanti, doppia cassa martellante e linee vocali disturbanti? Nulla. Infatti il disco contiene esattamente questo, reso interessante dallo scream cupissimo del cantante Tom Hagen e da una pur minima ricerca melodica che si concretizza nell'uso abbondante delle tastiere (che comunque danno un bel contrasto ai toni abrasivi della chitarra elettrica). Glaciale come solo il black scandinavo sa essere. Meno freddo di Battles in the North degli Immortal, meno melodico di Storm of the Light's Bane dei Dissection e (molto) meno variegato e sperimantale di Bergtatt degli Ulver. Questo per dare le giuste coordinate temporali. Se poi si apprezza la scena viking questo potrà essere un buon ascolto, visto che, almeno a me, ha ricordato le atmosfere di Frost degli Enslaved. Non fosse per la brutta gente che lo ascolta, il black metal andrebbe anche solo un poco rivalutato. O almeno, ascoltato senza tutti i pregiudizi del caso. Quest'ultima constatazione esula comunque dal discorso relativo all'album specifico.

Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5

sabato 26 gennaio 2013

Cowboy Junkies - The Trinity Session

Titolo: The Trinity Session
Artista: Cowboy Junkies
Anno di pubblicazione: 1988
Nazionalità: Ontario, Canada

Dodici ballate lente dall'animo blues. Ritmi dilatatissimi a partire dall'iniziale Mining For Gold (per sola voce), atmosfere estremamente suggestive e pure qualche reminescenza jazz (confrontate I Don't Get It con Do Not Go Quietly UntoYour Grave dei Morphine). Le atmosfere del disco sono estremamente suggestive (molto del merito va anche alla chitarra di Machael Timmins). La voce di Margo Timmins è un mix perfetto tra Mark Sandman e Hope Sandoval ed è probabilmente la cosa più bella di tutto il disco. Se si ha voglia di deprimersi un po', questo è il disco perfetto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

sabato 19 gennaio 2013

Jamie xx - Far Nearer / Beat For

Titolo: Far Nearer / Beat For
Artista: Jamie xx
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: UK

Jamie xx è uno dei componenti dell'omonimo gruppo elettronico inglese. A me gli xx piacciono. Questo doppio singolo no.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5

The Jesus Lizard - Pure

Titolo: Pure
Artista: The Jesus Lizard
Anno di pubblicazione: 1989
Nazionalità: Illinois, USA

Amo i Jesus Lizard. Se mai mi dovesse capitare di stilare una lista dei miei 12 gruppi preferiti (numero dalle molteplici implicazioni mistico-teologiche, molto più interessante di un banale 10), loro vi rientrerebbero di certo. Non avevo mai ascolto questo loro primo EP, ma è esattamente quello che mi aspettavo: 14 minuti di violenza sonora a bassa fedeltà, chitarre abrasive figlie dei Big Black, batteria massacrante, voce registrata tanto male da essere a volte incomprensibile (Starlet) e sopra tutto le urla da macellaio di David Yow, degne dell'Albini di Kerosene. Quanto ai testi, una tale profusione di violenza gratuita e misantropia da lasciare allibiti. Come i Rapeman, più dei Rapeman.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8

Pierrot Lunaire - Pierrot Lunaire

Titolo: Pierrot Lunaire
Artista: Pierrot Lunaire
Anno di pubblicazione 1974
Nazionalità: Italia

"Un buon disco di rock progressivo dopo il 1973? Impossibile, soprattutto se italiano. Ma io Forse le Lucciole non si Amano Più non l'ho ancora ascoltato, quindi potrei sbagliarmi."
Questo il mio pensiero, solo che ora correggerei con mi sbaglio. Non sono La Locanda delle Fate, ma i Pierrot Lunaire sono riusciti perfettamente a farmi ricredere: se non sbaglio tutti i componenti del gruppo erano diplomati al conservatorio, e la cosa si nota già a partire dall'iniziale Ouverture XV (strumentale). L'album ha delle bellissime atmosfere fiabesche (vedi Il Re di Raipure) e si fa notare per una strumentazione abbastanza varia (mi è parso di sentire il liuto come l'oboe o il flauto traverso), oltre che per la perizia struemntale del gruppo. Personalmente mi sono piaciuti soprattutto gli intrecci di chitarra e basso (spesso arpeggiato il secondo). Particolare anche la scelta di usare la batteria ( o le percussioni) pochissimo lungo le dodici tracce. Quanto alla voce, è abbastanza buona per appartenere ad un gruppo italiano: un Francesco Di Giacomo (Banco del Mutuo Soccorso) meno professionale. Apprezzabile in tutto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8

mercoledì 9 gennaio 2013

Hella - Hold Your Horse Is

Titolo: Hold Your Horse Is
Artista: Hella
Anno di pubblicazione: 2002
Nazionalità: California, USA

Un duo composto da chitarra e batteria dedito ad un math rock spigoloso e velocissimo, ai limiti del mathcore di Dillinger Escape Plan e simili. Mi colpisce molto il fatto che la chitarra, nonostante sia sfruttata  per ottenere sonorità tali da rendere ogni minimo passaggio un momento a sé del brano (nel senso che mi dà una certa impressione di "slegatura"), non suona graffiante e asettica come mi è capitato di sentire altre volte, anzi, ha un suono molto limpido per gli standard del genere (provate a confrontare gli Hella coi Blind Idiot God o i Don Caballero). Quanto alla batteria di Zach Hill, suona tanto velocemente e macina ritmi tanto bizzarri da dare le vertigini. Questo esagerando. Si tratta comunque di un batterista fenomenale. Se si amano quei dischi dal sapore contemporaneamente rigoroso e anarchico (come poteva essere il ben migliore Mirrored dei Battles), questo può essere un ascolto interessante.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

Perigeo - Abbiamo Tutti un Blues da Piangere

Titolo: Abbiamo Tutti un Blues da Piangere
Artista: Perigeo
Anno di pubblicazione: 1973
Nazionalità: Italia

Si prenda un gruppo italiano che pubblica negli anni '70 e quasi sicuramente si tratterà di un complesso progressive rock. Beh, i Perigeo lo sono fino a un certo punto. Personalmente li definirei con molta più cognizione di causa come jazz-rock. Come gli Arti e Mestieri, per intenderci. Sebbene il pianoforte mi ricordi molto Chick Corea e la chitarra Pat Metheny, non azzerderei l'etichetta fusion, più che altro perché suonano in modo anche troppo pacato (per non dire lirico come in Non C'è Tempo da Perdere) e con una notevole influenza di jazzisti cool come Chet Baker. A Conti fatti, comunque, un bel dischetto, soprattutto nel panorama italiano. Cantato in inglese, in quei rari momenti in cui si canta.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

sabato 5 gennaio 2013

Soundgarden - Superunknown

Titolo: Superunknown
Artista: Soundgarden
Anno di pubblicazione. 1994
Nazionalità: Washington, USA

Sì, a volte capita anche di dovere ancora ascoltare, a 21 anni suonati, dischi famosi come questo (anche se il caso più eclatante sia la mia pressoché totale ignoranza per quel che concerne i Nirvana). I Soundgarden li conoscevo solo per Black Hole Sun, che per un certo periodo era pure stata uno dei miei brani preferiti. Superunknown ha fondamentalmente un unico difetto: è maledettamente lungo (stiamo parlando di più di un'ora di musica). Se si riesce ad ascoltarlo tutto, si dovrebbero apprezzare le sonorità dure al limite dell'hard rock (Limo Wreck è la prima che mi viene in mente) unite allo stile abbastanza raffinato e niente affatto monotono né costruito su una manciata di riff. Cosa, naturalmente, molto positiva. Anche la voce di Chris Cornell mi piace molto. Fosse stato più breve mi sarebbe piaciuto ancora di più. Per fare un paragone tra dischi dello stesso anno e della stessa area, preferisco decisamente questo a Vs. dei Pearl Jam.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5

The Del-Byzanteens - Lies to Live By

Titolo: Lies to Live By
Artista: The Del-Byzanteens
Anno di pubblicazione: 1982
Nazionalità: New York, USA

Tra cover brutalizzate di classici del rock inglese (Sally Goes Round the Roses dei Pentangle) ed echi di Pere Ubu (My World Is Empty), un dischetto di post-punk a tinte noise davvero godibile e dalle sonorità ridotte all'osso (e che dire immediate è forse poco); il tutto condito con qualche danza tribale (Apartment 13) grazie all'uso di una doppia sezione ritmica. La cosa che più mi ha colpito in realtà è il fatto che, assieme alle percussioni meccaniche (tanto che all'inizio avevo pensato ad una drum-machine), chitarra e tastiera suonino invece come se fossero parte della banda di un circo o di qualcosa del genere (a me viene in mente Kevin Ayers, poi vedete voi); questo rende l'ascolto abbastanza interessante perché sezione ritmica e melodica sono assai poco legate, ma onestamente la cosa mi è piaciuta. Segnaliamo infine che dietro le tastiere c'è Jim Jarmusch. Non sono mai riuscito a vedere nessuno dei suoi film anche se me li hanno consigliati in diversi. Comunque è una cosa interessante. Se volete un paragone musicale per questo disco, Incrociate Pere Ubu e Young Marble Giants. Ma è (molto) meno bello sia di The Modern Dance sia di Colossal Youth.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5