mercoledì 11 settembre 2013

Earth - Angels of Darkness, Demons of Light II

Titolo: Angels of Darkness, Demons of Light II
Artista: Earth
Anno di pubblicazione: 2012
Nazionalità: Washington

Comincio il discorso con un'ammissione di ignoranza: non ho mai ascoltato i dischi che si citano generalmente  come capolavori degli Earth (i loro primi album).
Ciò detto, Angels of Darkness, Demons of Light II prosegue il discorso dal punto in cui si era fermato il precedente Angels of Darkness, Demons of Light I. Non che il titolo non ce lo facesse pensare, in effetti...
Come nel disco precedente, la quasi totalità dei brani (se escludiamo l'iniziale Sigil of Brass di tre minuti) è decisamente lunga, assestandosi su una media di 10 minuti. Non si arriva tuttavia ai 20 di Angels of Darkness, Demons of Light I (la traccia, non il disco).
Cosa succede in questi pezzi? Assolutamente niente. Non hanno il normale andamento di un pezzo rock, anzi, sono composti da linee strumentali opprimenti ed ossessive che si reggono su un uso della strumentazione molto più ritmico che melodico (vedi anche il lavoro di chitarra). Con l'aggiunta di un violino più stridente che melodioso. Pare che questo voglia portare da qualche parte e invece non è così.
Non è che tutto questo sia gratuito, però: ormai sono decenni che conosciamo il post rock e conosciamo lo stoner e conosciamo il doom e conosciamo il drone (anzi, il drone lo conosciamo anche grazie a loro), quindi sarebbe abbastanza stupido criticare a priori un disco che segue queste coordinate. Mi limiterò allora a parlare delle mie impressioni:
Probabilmente mi faccio influenzare dalla copertina ma il disco (i dischi) l'ho recepito come una colonna sonora per un viaggio notturno nel deserto americano accompagnato da Gluskap e qualche sostanza psicotropa. Banale? Molto. Comunque ho apprezzato lo stesso l'impasto sonoro.
Venendo ai lati negativi: non aggiunge nulla al disco precedente. Anche nei pezzi un po' più "anomali" (A Multiplicity of Doors che si abbandona a qualche suggestione freak folk) non mi è parso di sentire nulla di nuovo, per quanto ben suonato. Nessun pezzone del calibro di Old Black che, nella sua monotonia era un piccolo capolavoro.
Vale ugualmente la pena, ma solo se associato al precedente. Altrimenti, vista la strettissima affinità tra i due, è come perdersi un pezzo. Oppure si rischia di considerarlo un po' meglio di quanto non sia in realtà.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7

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