Titolo: War Music
Artista: Vampire Rodents
Anno di pubblicazione: 1991
Nazionalità: Canada
Vedete subito cosa c'è di strano in questa copertina, no? Beh, più o meno è lo stesso per la musica: rumori, campionamenti, montaggio giocato molto sul ritmo e pochissimo sulla melodia, testi intrisi di humor grottesco, voce che le regole base del cantato le segue solo quando ha voglia; e basta ascoltare già l'iniziale Dumme Weisse Menschen per questo. Poi ci sono pezzi irresistibilmente accattivanti che ad un ascolto attento si rivelano essere concentrati di umorismo macabro come Abortion Clinic Deli, strutturata come un'allegra marcetta pubblicitaria, salvo promuovere il consumo in massa di feti abortiti. Laddove tutto dovrebbe essere normale, c'è un elemento spiazzante e inquietante messo in bella vista come se fosse la cosa più normale del mondo. Immagino sia questo il fascino dei Vampire Rodents. Peccato avere ascoltato Lullaby Land senza fare attenzione ai testi, prima o poi rimedierò.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5
martedì 26 marzo 2013
sabato 23 marzo 2013
Kanar - Steppes III
Titolo: Steppes III
Artista: Kanar
Anno di pubblicazione: 2007
Nazionalità: Francia / Canada
Violini, fondamentalmente. E pianoforti. Ed elettronica quanto basta. Molto carino e rilassante. Se si ha voglia di un'oretta di musica non troppo impegnativa ma estremamente di classe, questo disco è perfetto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7
Artista: Kanar
Anno di pubblicazione: 2007
Nazionalità: Francia / Canada
Violini, fondamentalmente. E pianoforti. Ed elettronica quanto basta. Molto carino e rilassante. Se si ha voglia di un'oretta di musica non troppo impegnativa ma estremamente di classe, questo disco è perfetto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7
martedì 19 marzo 2013
Vader - Welcome to the Morbid Reich
Titolo: Welcome to the Morbid Reich
Artista: Vader
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Polonia
Il metal più di tutti gli altri insiemi di generi ha questo immenso difetto, di avere per ogni gruppo innovativo (Arcturus, Ulver, Fear Factory, Strapping Young Lad, ecc.) una decina di gruppi altrettanto famosi (se non di più) che invece promuovono le stesse cose che si suonavano venti anni prima. Per estensione, un disco death/thrash pubblicato nel 2011 che suona come un disco di fine anni '80 dovrebbe essere da bocciare in toto. Solo che Welcome to the Morbid Reich è suonato maledettamente bene: 12 pezzi per un totale di 37 minuti che non risparmiano l'ascoltatore neppure per un istante, retti da una doppia cassa martellante, assoli brevi ed incisivi dei due chitarristi; quanto al growl, di solito lo detesto perché non fa capire nulla delle liriche (per quanto questo a volte sia solo positivo), ma in questo caso non solo è comprensibile ma aiuta a dare un tocco di ferocia in più a dei testi estremamente violenti e "demoniaci". Aggiungiamoci che si tratta di un concept album piuttosto ben riuscito e che la produzione è straordinariamente pulita per il genere di riferimento e avremo un disco quantomeno accettabile. Davvero, se vogliamo ascoltare thrash metal oggigiorno, almeno dedichiamoci ad uscite come questa.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7
Artista: Vader
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Polonia
Il metal più di tutti gli altri insiemi di generi ha questo immenso difetto, di avere per ogni gruppo innovativo (Arcturus, Ulver, Fear Factory, Strapping Young Lad, ecc.) una decina di gruppi altrettanto famosi (se non di più) che invece promuovono le stesse cose che si suonavano venti anni prima. Per estensione, un disco death/thrash pubblicato nel 2011 che suona come un disco di fine anni '80 dovrebbe essere da bocciare in toto. Solo che Welcome to the Morbid Reich è suonato maledettamente bene: 12 pezzi per un totale di 37 minuti che non risparmiano l'ascoltatore neppure per un istante, retti da una doppia cassa martellante, assoli brevi ed incisivi dei due chitarristi; quanto al growl, di solito lo detesto perché non fa capire nulla delle liriche (per quanto questo a volte sia solo positivo), ma in questo caso non solo è comprensibile ma aiuta a dare un tocco di ferocia in più a dei testi estremamente violenti e "demoniaci". Aggiungiamoci che si tratta di un concept album piuttosto ben riuscito e che la produzione è straordinariamente pulita per il genere di riferimento e avremo un disco quantomeno accettabile. Davvero, se vogliamo ascoltare thrash metal oggigiorno, almeno dedichiamoci ad uscite come questa.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7
Built to Spill - Perfect from Now On
Titolo: Perfect from Now On
Artista: Built to Spill
Anno di pubblicazione: 1997
Nazionalità: Idaho, USA
Se non l'avessi ascoltato non ci avrei mai creduto. Il brano più breve dura cinque minuti, il più lungo nove (otto brani per quasi un'ora di musica), l'amalgama è pressoché perfetta, tanto che neppure uno dei passaggi sembra fuori posto (e in pezzi tanto lunghi non è affatto facile, specie quando la proposta è easy-listening come questa). Non si può rimproverare nulla. Anche ad ascoltarlo con distacco, dopo un po' la musica dei Built to Spill entra nell'ascoltatore e lo scioglie a poco a poco.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 9
Artista: Built to Spill
Anno di pubblicazione: 1997
Nazionalità: Idaho, USA
Se non l'avessi ascoltato non ci avrei mai creduto. Il brano più breve dura cinque minuti, il più lungo nove (otto brani per quasi un'ora di musica), l'amalgama è pressoché perfetta, tanto che neppure uno dei passaggi sembra fuori posto (e in pezzi tanto lunghi non è affatto facile, specie quando la proposta è easy-listening come questa). Non si può rimproverare nulla. Anche ad ascoltarlo con distacco, dopo un po' la musica dei Built to Spill entra nell'ascoltatore e lo scioglie a poco a poco.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 9
Swans - Filth
Titolo: Filth
Artista: Swans
Anno di pubblicazione: 1983
Nazionalità: New York, USA
Batteria pompatissima e martellante, chitarra che suoni non ne fa ma produce solo rumori, liriche sconnesse e violente che peggio di così non so cosa possa uscire e una voce perfettamente in linea con le direttive di cui sopra. Eppure uno di quei dischi che prendono sin dal primo istante, anche se sono malvagi. Praticamente un capolavoro.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 9
Artista: Swans
Anno di pubblicazione: 1983
Nazionalità: New York, USA
Batteria pompatissima e martellante, chitarra che suoni non ne fa ma produce solo rumori, liriche sconnesse e violente che peggio di così non so cosa possa uscire e una voce perfettamente in linea con le direttive di cui sopra. Eppure uno di quei dischi che prendono sin dal primo istante, anche se sono malvagi. Praticamente un capolavoro.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 9
Jon Hassell - Vernal Equinox
Titolo: Vernal Equinox
Artista: Jon Hassell
Anno di pubblicazione: 1977
Nazionalità: Tennessee, USA
Non sono un appassionato di World Music, questo è certo, però nel caso specifico sono soddisfatto. Praticamente il disco si regge solo su marimba e tromba con la prima che dà un tocco splendidamente esotico e la seconda che viene suonata in maniera molto particolare (il suono è estremamente riverberato e profondo) e che imita in maniera abbastanza palese i raga indiani. Insomma, un disco da ascoltare anche senza che ci sia bisogno di dire molto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8
Artista: Jon Hassell
Anno di pubblicazione: 1977
Nazionalità: Tennessee, USA
Non sono un appassionato di World Music, questo è certo, però nel caso specifico sono soddisfatto. Praticamente il disco si regge solo su marimba e tromba con la prima che dà un tocco splendidamente esotico e la seconda che viene suonata in maniera molto particolare (il suono è estremamente riverberato e profondo) e che imita in maniera abbastanza palese i raga indiani. Insomma, un disco da ascoltare anche senza che ci sia bisogno di dire molto.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8
domenica 10 marzo 2013
American Music Club - California
Titolo: California
Artista: American Music Club
Anno di pubblicazione: 1988
Nazionalità: California, USA
Vi ricordate di quel capolavoro di Down Colorful Hill dei Red House Painters? Siamo in quelle regioni lì. California è un disco che più deprimente non si può; e come potrebbe essere altrimenti con liriche come "Try and try, leave a trace / and all we ever leave is a sour taste" (Highway Five) o "I tought gravity helped you to dance / but it just makes you sink" (Now You're Defeated). Strumentalmente è tutto ridotto all'osso (anche il numero di note), ma, invece di sfruttare composizioni lunghe e monotone (come in Down Colorful Hill), California è composto da 12 brevi pezzi (durata media di circa tre minuti) che si rifanno alla tradizione americana (prendiamo il blues di Western Sky), con pure qualche punta di country di quello deformato dai soliti Meat Puppets (se dovessi individuare un gruppo simbolo per gli Stati Uniti probabilmente sarebbero loro). Questo permette pure di trovare brani immediati e godibili come Firefly e Bad Liquor. Peccato che anche quelli siano un concentrato di depressione senza paragoni. Mark Eitzel è in ogni caso un interprete favoloso. E il disco è una di quelle perle rare che è davvero un piacere ascoltare.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8
Artista: American Music Club
Anno di pubblicazione: 1988
Nazionalità: California, USA
Vi ricordate di quel capolavoro di Down Colorful Hill dei Red House Painters? Siamo in quelle regioni lì. California è un disco che più deprimente non si può; e come potrebbe essere altrimenti con liriche come "Try and try, leave a trace / and all we ever leave is a sour taste" (Highway Five) o "I tought gravity helped you to dance / but it just makes you sink" (Now You're Defeated). Strumentalmente è tutto ridotto all'osso (anche il numero di note), ma, invece di sfruttare composizioni lunghe e monotone (come in Down Colorful Hill), California è composto da 12 brevi pezzi (durata media di circa tre minuti) che si rifanno alla tradizione americana (prendiamo il blues di Western Sky), con pure qualche punta di country di quello deformato dai soliti Meat Puppets (se dovessi individuare un gruppo simbolo per gli Stati Uniti probabilmente sarebbero loro). Questo permette pure di trovare brani immediati e godibili come Firefly e Bad Liquor. Peccato che anche quelli siano un concentrato di depressione senza paragoni. Mark Eitzel è in ogni caso un interprete favoloso. E il disco è una di quelle perle rare che è davvero un piacere ascoltare.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 8
Sons of Kyuss - Sons of Kyuss
Titolo: Sons of Kyuss
Artista: Sons of Kyuss
Anno di pubblicazione: 1989
Nazionalità: California, USA
I Sons of Kyuss altri non sono che i Kyuss prima di cambiare nome. Ma è come ascoltare un disco dei Kyuss. Anzi un demo, ma dura quaranta minuti. Quaranta minuti di stoner rock duro e puro, con distorsioni anni '70 e qualità del suono anche un po' becera (ma è autoprodotto, quindi glielo si concede). Sette pezzi di non meno di cinque minuti che parlano di motociclette e del deserto, tutti suonati con la foga di pezzi come Green Machine e impreziositi dalle divagazioni chitarristiche del solito Josh Homme. Gran musicista, lui.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7
Artista: Sons of Kyuss
Anno di pubblicazione: 1989
Nazionalità: California, USA
I Sons of Kyuss altri non sono che i Kyuss prima di cambiare nome. Ma è come ascoltare un disco dei Kyuss. Anzi un demo, ma dura quaranta minuti. Quaranta minuti di stoner rock duro e puro, con distorsioni anni '70 e qualità del suono anche un po' becera (ma è autoprodotto, quindi glielo si concede). Sette pezzi di non meno di cinque minuti che parlano di motociclette e del deserto, tutti suonati con la foga di pezzi come Green Machine e impreziositi dalle divagazioni chitarristiche del solito Josh Homme. Gran musicista, lui.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7
Marc Johnson - The Sound of Summer Running
Titolo: The Sound of Summer Running
Artista: Marc Johnson
Anno di pubblicazione: 1997
Nazionalità: Nebraska, USA
Ci si potrebbe chiedere, dopo un po' che si leggono questi post: ma il jazz costui lo conosce? Un po' sì, ma ho sempre trovato difficile parlarne. Quindi cominciamo con qualcosa di semplice. Marc Johnson al basso, Joey Baron alla batteria e Bill Frisell e Pat Metheny alla chitarra. Fondamentalmente mi è sembrato un disco fusion di quelli con le chitarre pulitissime e dal suono più che limpido (spesso suonate con gli armonici) e del tutto atmosferici. L'effetto è troppo americano per i miei gusti. Se non avete capito niente, vi do almeno un punto di riferimento nel mondo del rock: i Meat Puppets di Up on the Sun, specialmente quelli dei pezzi strumentali (Seal Whale). Però jazz. L'effetto non è male.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: non pervenuta
Artista: Marc Johnson
Anno di pubblicazione: 1997
Nazionalità: Nebraska, USA
Ci si potrebbe chiedere, dopo un po' che si leggono questi post: ma il jazz costui lo conosce? Un po' sì, ma ho sempre trovato difficile parlarne. Quindi cominciamo con qualcosa di semplice. Marc Johnson al basso, Joey Baron alla batteria e Bill Frisell e Pat Metheny alla chitarra. Fondamentalmente mi è sembrato un disco fusion di quelli con le chitarre pulitissime e dal suono più che limpido (spesso suonate con gli armonici) e del tutto atmosferici. L'effetto è troppo americano per i miei gusti. Se non avete capito niente, vi do almeno un punto di riferimento nel mondo del rock: i Meat Puppets di Up on the Sun, specialmente quelli dei pezzi strumentali (Seal Whale). Però jazz. L'effetto non è male.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: non pervenuta
sabato 9 marzo 2013
Kurt Vile - Smoke Ring for my Halo
Titolo: Smoke Ring for my Halo
Artista: Kurt Vile
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Pennsylvania, USA
Oramai è complesso fare l'ascoltatore: da un lato i recensori che pretendono (da intendersi nel senso inglese di "pretending") di essere obiettivi e dall'altro gli ascoltatori casuali. E se non si amano i gruppi blasonati dagli ascoltatori casuali si viene inseriti in categorie poco lusinghiere. Ovviamente questa è un'esagerazione, ma fondamentalmente il mio dubbio è: perché è sbagliato ascoltare anche l'altra campana? Perché se Last Night degli Strokes è più godibile di People Say dei Portugal. The Man i secondi dovrebbero essere meno belli? Risposta: perché (limitatamente all'Italia, non conosco la loro popolarità allestero) gli Strokes son più famosi. Entrambi i gruppi si rifanno a sonorità anni '60 (specie nell'album The Satanic Satanist di cui avevo parlato tempo fa); io ho semplicemente iniziato con i Portugal. The Man. Questo fa di me un anticonformista a tutti i costi? Pare di sì. Una volta chiaritolo, basta non farsi il sangue marcio ogni volta eproseguire come sempre, sperando che la nostra mano non vada a mai a battere sulle tastiere di Ondarock.
Venendo a Kurt Vile: personalmente mi è sempre piaciuta quella scena americana che comprende nomi come Ben Chasny (Six Organs of Admittance) e Devendra Banhart e che si rifà alla psichedelia anni '60 condendola con quel pizzico di quel folk in cui gli statunitensi sono maestri e che non può non portare a Bob Dylan. Ecco, Smoke Ring for my Halo è essenzialmente questo: un Dylan (non mi si fraintenda, di impegno sociale qui non c'è nulla, è solo per dare delle coordinate stilistiche per quel che riguarda la musica) sotto acidi che suona una chitarra acustica a dodici corde (unica eccezione In my Time, in cui l'amplificazione è anche elettrica) perdendosi in divagazioni strumentali dal sapore trascendentale (non certo nel senso kantiano del termine) che personalmente mi ricordano Nightly Trembling dei Six Organs of Admittance. Un disco dalle bellissime atmosfere psichedeliche registrato con la cura dei giorni d'oggi. Magari se si è degli inossidabili del lo-fi la cosa farà storcere il naso; personalmente ho apprezzato parecchio, devo dire.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5
Artista: Kurt Vile
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Pennsylvania, USA
Oramai è complesso fare l'ascoltatore: da un lato i recensori che pretendono (da intendersi nel senso inglese di "pretending") di essere obiettivi e dall'altro gli ascoltatori casuali. E se non si amano i gruppi blasonati dagli ascoltatori casuali si viene inseriti in categorie poco lusinghiere. Ovviamente questa è un'esagerazione, ma fondamentalmente il mio dubbio è: perché è sbagliato ascoltare anche l'altra campana? Perché se Last Night degli Strokes è più godibile di People Say dei Portugal. The Man i secondi dovrebbero essere meno belli? Risposta: perché (limitatamente all'Italia, non conosco la loro popolarità allestero) gli Strokes son più famosi. Entrambi i gruppi si rifanno a sonorità anni '60 (specie nell'album The Satanic Satanist di cui avevo parlato tempo fa); io ho semplicemente iniziato con i Portugal. The Man. Questo fa di me un anticonformista a tutti i costi? Pare di sì. Una volta chiaritolo, basta non farsi il sangue marcio ogni volta eproseguire come sempre, sperando che la nostra mano non vada a mai a battere sulle tastiere di Ondarock.
Venendo a Kurt Vile: personalmente mi è sempre piaciuta quella scena americana che comprende nomi come Ben Chasny (Six Organs of Admittance) e Devendra Banhart e che si rifà alla psichedelia anni '60 condendola con quel pizzico di quel folk in cui gli statunitensi sono maestri e che non può non portare a Bob Dylan. Ecco, Smoke Ring for my Halo è essenzialmente questo: un Dylan (non mi si fraintenda, di impegno sociale qui non c'è nulla, è solo per dare delle coordinate stilistiche per quel che riguarda la musica) sotto acidi che suona una chitarra acustica a dodici corde (unica eccezione In my Time, in cui l'amplificazione è anche elettrica) perdendosi in divagazioni strumentali dal sapore trascendentale (non certo nel senso kantiano del termine) che personalmente mi ricordano Nightly Trembling dei Six Organs of Admittance. Un disco dalle bellissime atmosfere psichedeliche registrato con la cura dei giorni d'oggi. Magari se si è degli inossidabili del lo-fi la cosa farà storcere il naso; personalmente ho apprezzato parecchio, devo dire.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 7.5
The Flying Lizards - The Secret Dub Life of the Flying Lizards
Titolo: The Secret Dub Life of the Flying Lizards
Artista: The Flying Lizards
Anno di pubblicazione: 1996
Nazionalità: UK
A quanto pare il disco fu registrato nel 1978. Questo me lo fa rivalutare in positivo. In ogni caso si tratta di un album di quasi un'ora composto da composizioni elettroniche a ritmiche dub (quindi se non vi piace anche solo un poco il reggae non ascoltatelo). I Blind Idiot God prestati all'elettronica, direi io. In ogni caso è un disco molto carino, perfetto come sottofondo per qualunque occupazione.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
Artista: The Flying Lizards
Anno di pubblicazione: 1996
Nazionalità: UK
A quanto pare il disco fu registrato nel 1978. Questo me lo fa rivalutare in positivo. In ogni caso si tratta di un album di quasi un'ora composto da composizioni elettroniche a ritmiche dub (quindi se non vi piace anche solo un poco il reggae non ascoltatelo). I Blind Idiot God prestati all'elettronica, direi io. In ogni caso è un disco molto carino, perfetto come sottofondo per qualunque occupazione.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
domenica 3 marzo 2013
Widowspeak - Widowspeak
Titolo: Widowspeak
Artista: Widowspeak
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Washington, USA
Immagino che si sia capito che non sono un appassionato di indie rock. Perché allora continuo ad ascoltare questo tipo di album, mi si potrebbe chiedere? Le risposte sono diverse e di certo nessuna corrisponderebbe fino in fondo a verità. Forse sotto sotto non mi fa schifo quanto dico. O forse è solo perché si tratta di un prodotto dei nostri tempi e noi, nel bene e nel male, dobbiamo averci a che fare. Comunque nel caso specifico si tratta di un album tutto sommato ben fatto, coi soliti riverberi chitarristici che fanno tanto shoegaze, una voce femminile sognante e una certa malinconia di fondo persino un po' pop. Insomma, un disco contro cui si può dire ben poco ma che per me non ha praticamente attrattive. La copertina, però, è molto bella.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
Artista: Widowspeak
Anno di pubblicazione: 2011
Nazionalità: Washington, USA
Immagino che si sia capito che non sono un appassionato di indie rock. Perché allora continuo ad ascoltare questo tipo di album, mi si potrebbe chiedere? Le risposte sono diverse e di certo nessuna corrisponderebbe fino in fondo a verità. Forse sotto sotto non mi fa schifo quanto dico. O forse è solo perché si tratta di un prodotto dei nostri tempi e noi, nel bene e nel male, dobbiamo averci a che fare. Comunque nel caso specifico si tratta di un album tutto sommato ben fatto, coi soliti riverberi chitarristici che fanno tanto shoegaze, una voce femminile sognante e una certa malinconia di fondo persino un po' pop. Insomma, un disco contro cui si può dire ben poco ma che per me non ha praticamente attrattive. La copertina, però, è molto bella.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
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