Titolo: Hallow’s Victim
Artista: Saint Vitus
Anno di pubblicazione: 1985
Nazionalità: California, USA
I Saint Vitus appartengono a quella frangia di gruppi doom
metal vecchio stile, che proponevano un heavy metal in stile Black Sabbath
ancora più distorto e rallentato. La ricetta è semplicemente questa, e i 34
minutidi Hallow’s Victim sono una perfetta rappresentazione di una tale
ricetta. La formazione è quella classica: voce, chitarra, basso e batteria.
Quanto ala produzione, è “classica” pure quella: come da miglior tradizione
metal, infatti, i suoni sono grezzi e impastati al punto che risulta difficile
riconoscere i vari strumenti (il basso, per esempio, si può sentire
distintamente solo per quei pochi secondi in Mystic Lady in cui le chitarre
tacciono). Non mi sento di mortificare eccessivamente il disco per la
produzione, comunque.
Quanto alle composizioni, la struttura dei brani è
semplicissima: riffoni galoppanti che incalzano l’ascoltatore e lo invogliano a
scuotere la testa (immagino abbiate presente l’immagina del metallaro
headbanger) che si alternano a “ponti”, credo che si chiamino così i momenti di
passaggio tra un riff e l’altro, decisamente poco ispirati (quell’orrore di
chitarra tra la strofa e il ritornello di Just Friends (Empty Love) – tra
l’altro il pezzo peggiore del disco – non si può proprio sentire) e assoli
marci che vanno dalle staffilate al limite del rumor bianco (War Is Our
Destiny) a serie di note riconoscibili e apprezzabili (Mystic Lady e White
Stallion). Il tutto condito con la voce di Scott Reagers che, senza bisogno di
lanciarsi in improbabili acuti né di scendere al livello di un growl (che
ancora non era una soluzione tipica) sfoggia una bella voce oscura e profonda,
anche se non particolarmente intonata. Menzione va fatta per l’ingenuità delle
liriche, che a volte mi fanno chiedere se per caso non sia tutta una presa in
giro del canone.
Riassumendo, il disco suona bene per tutta la durata del lato A
(War Is Our Destiny, White Stallion e Mystic Lady) per poi perdersi nel lato B
dietro sciocchezze francamente evitabili (come la punkettona title-track o
l’orribile Just Friend).
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5.5
Post Scriptum: visto che è da un po’ che segnalo solo metal,
per tutti quelli che hanno voglia di ascoltare qualcosa di diverso consiglio il
folk/vaudeville scanzonato e zoppicante della Bonzo Dog Band. Gorilla e The
Doughnut in Granny’s Greenhouse sono due ottimi album, anche se un po’
vecchiotti.