Artista: Red Hot Chili Peppers
Anno di pubblicazione: 1995
Nazionalità: California, USA
Non mi pare di aver mai sentito parlare di One Hot Minute,
il che mi fa supporre che sia un capitolo minore della discografia dei Red Hot Chili
Peppers. Mi pare allora una buona idea provare a scrivere due righe a
proposito, visto che di commenti ai dischi famosi se ne trovano a un soldo la
dozzina, e il mio non aggiungerebbe nulla.
Andando ad intuito, mi pare che si tratti di uno di quei
cosiddetti “dischi di transizione”, intendendo con questo termine un album nel
quale si possono individuare i germi della produzione successiva di un gruppo
ma che, vuoi per paura di osare, vuoi per affetto verso le vecchie sonorità,
non sono pienamente messi in luce. Quindi abbiamo un paio di ballatone di quelle
che già prefigurano The Zephyr Song come My Friends e Tearjerker (ci metterei
pure Trascending, se non fosse per l’argomento trattato e il finale acidissimo),
i prodromi del pop di Stadium Arcadium (Aeroplane), ma anche un po’ di
aggressività che, se anche non raggiunge i momenti più punkettoni di Blood
Sugar Sex Magik, fa comunque pensare a gruppi alternative come gli Incubus (l’iniziale
Warped su tutte). Però, se consideriamo
che questi ultimi hanno preso molto dai RHCP, non è certo positivo il processo
contrario.
Personalmente mi piace moltissimo il lato più funky e
ignorante del gruppo, il che mi impedisce di apprezzare granché un disco in cui
questo aspetto tende ad essere messo da parte, ma almeno due episodi sono
davvero belli: One Big Mob (una Magic Johnson di sei minuti) e Walkabout
(bellissima passeggiata a ritmo funky). Il resto è dubbio. Si può apprezzare la
volgarità pacata di Pea (voce e basso, ma nulla di particolarmente entusiasmante)
o il degrado giovanile dell’ottima Deep Kick (che già che c’è cita pure i
Butthole Surfers). Senza contare che
il disco dura un’ora piena. La copertina, però, è molto bella.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5