Titolo: The Carnival Bizarre
Artista: Cathedral
Anno di pubblicazione: 1995
Nazionalità: UK
Negli ultimi tempi ho capito che dopotutto non sono mai uscito da quell'atteggiamento snobbone e borioso che caratterizza il tipico adolescente "musicologo" (termine che qua uso solo per inidcare uno che si fa vanto di ascoltare tanta roba diversa). Il problema è che molta roba ho fatto finta di apprezzarla ma poi in realtà magari neppure avevo capito cosa stessi ascoltando. Fatto sta che adesso, per una questione di onestà intellettuale, cerco di ascoltare con un po' più di criterio. Magari provo meno dischi, ma almeno ho preso quell'atteggiamento bulimico.
Veniamo ai Cathedral: il fondatore è Lee Dorrian dei Napalm Death, ovvero il gruppo che ha praticamente fondato il grindcore (quel che si ottiene lanciando il death metal alla velocità dell'hardcore punk). La musica del gruppo, tuttavia, è un doom metal molto vecchia scuola, caratterizzato da riffoni corposi, tempi lenti e distorsioni grezze, di quelle che è difficile non sentirci i primi Black Sabbath dietro. Ma dopotutto negli anni '90 stava tornando di moda quello stile (gruppi come Kyuss, Sleep e Monster Magnet nascono tutti in questo periodo). Dorrian canta con una voce semidistrutta ma incredibilmente "intonata" ed espressiva (basta confrontare Fangalactic Supergoria ed Electric Grave per rendersene conto). Per quel che riguarda i testi, attingono al repertorio classico della magia nera e del compendio di malvagità dell'heavy metal classico (Vampire sun e Hopkins (The Witchfinder General) sono due ottimi esempi), ma senza scadere nel cliché.
Insomma, così descritto sembrerebbe un buon album: purtuttavia, confrontato coi precedenti Forest of Equilibrium (1991) e The Ethereal Mirror (1993), The Carnival Bizarre non regge il confronto: è un disco solido, compatto e omogeneo, ma manca della monoliticità del primo (un'ora di chitarre gorgoglianti e growl incomprensibile su tempi lentissimi) e dell'energia e della varietà del secondo (nel quale Dorrian cantava decisamente meglio). Per quanto sappia che il genere si nutre anche di brani discretamente lunghi per sviluppare un'atmosfera più che coinvolgere nell'immediato l'ascoltatore, l'ora buona di durata di The Carneval Bizarre mi è sembrata eccessiva. Un lavoro ben fatto ma che alla fine non mi ha lasciato così tanto. Comunque se vi piace lo stoner ve lo consiglio.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
martedì 8 settembre 2015
venerdì 12 dicembre 2014
Marduk - Nightwing
Titolo: Nightwing
Artista: Marduk
Anno di pubblicazione: 1998
Nazionalità: Svezia
Come i più assidui frequentatori dell'universo metal saranno, il black metal è il sottogenere che può vantarsi di avere i fan più ignoranti che esistano nonché di essere presumibilmente quello più refrattario al cambiamento (hai voglia di spiegare che Arcturus e Ulver vengono da lì). Se poi parliamo dei Marduk, allora avremo la certezza che stiamo per ascoltare un album che più old school non si può.
Nightwing è il primo capitolo di una trilogia (che prosegue con Panzer Division Marduk e La Grande Danse Macabre) che dovrebbe essere dedicata alle "grandi" tematiche del black metal: sangue, guerra e morte. Ed è appunto una marea di sangue (Bloodtide) a darci il benvenuto in un disco che dal punto della produzione è talmente grezzo che si distingue a fatica lo scream di Legion, preso tra i tremolo picking di chitarra e la doppia cassa martellante. Chiaramente il tutto suonato a una velocità infernale.
Purtuttavia, nonostante le premesse non siano affatto buone, almeno una nota positiva Nightwing ce l'ha e sono i testi, almeno un minimo più immaginifici rispetto ad altra robaccia (Bloodtide è forse la meglio costruita da questo punto di vista).
Il disco è dichiaratamente un concept album sul sangue (oltre che sull'adorazione di Satana), e visto che se si parla di sangue e orrore non si può non parlare di vampiri, ecco che nella seconda parte (da Dreams of Blood and Iron), cinque brani raccontano la storia di Vlad Tepes e la sua violenza prima nella guerra coi turchi e poi coi suoi contadini.
Insomma, un disco più che discreto per il genere. Uno degli ultimi colpi di coda del "trve" black metal. Anche perché Panzer Division Marduk è una mezza ciofeca.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
Artista: Marduk
Anno di pubblicazione: 1998
Nazionalità: Svezia
Come i più assidui frequentatori dell'universo metal saranno, il black metal è il sottogenere che può vantarsi di avere i fan più ignoranti che esistano nonché di essere presumibilmente quello più refrattario al cambiamento (hai voglia di spiegare che Arcturus e Ulver vengono da lì). Se poi parliamo dei Marduk, allora avremo la certezza che stiamo per ascoltare un album che più old school non si può.
Nightwing è il primo capitolo di una trilogia (che prosegue con Panzer Division Marduk e La Grande Danse Macabre) che dovrebbe essere dedicata alle "grandi" tematiche del black metal: sangue, guerra e morte. Ed è appunto una marea di sangue (Bloodtide) a darci il benvenuto in un disco che dal punto della produzione è talmente grezzo che si distingue a fatica lo scream di Legion, preso tra i tremolo picking di chitarra e la doppia cassa martellante. Chiaramente il tutto suonato a una velocità infernale.
Purtuttavia, nonostante le premesse non siano affatto buone, almeno una nota positiva Nightwing ce l'ha e sono i testi, almeno un minimo più immaginifici rispetto ad altra robaccia (Bloodtide è forse la meglio costruita da questo punto di vista).
Il disco è dichiaratamente un concept album sul sangue (oltre che sull'adorazione di Satana), e visto che se si parla di sangue e orrore non si può non parlare di vampiri, ecco che nella seconda parte (da Dreams of Blood and Iron), cinque brani raccontano la storia di Vlad Tepes e la sua violenza prima nella guerra coi turchi e poi coi suoi contadini.
Insomma, un disco più che discreto per il genere. Uno degli ultimi colpi di coda del "trve" black metal. Anche perché Panzer Division Marduk è una mezza ciofeca.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
giovedì 31 luglio 2014
Megadeth - Rust in Peace
Titolo: Rust in Peace
Artista: Megadeth
Anno di pubblicazione: 1990
Nazionalità: California, USA
Uno dei dischi che al più i metallari considerano tra i migliori della scena thrash tutta. Di certo uno dei più easy della scena. Groove accattivanti sin dall'iniziale Holy Wars... The Punishment Due, voce di Mustaine pulita (giusto un ombra di grezzume per far notare che stiamo comunque facendo metal), assoloni di Marty Friedman (roba che se vi piace Malmsteen vi farà godere, ascoltare Five Magics per credere). La sezione ritmica, poi, è in grado di lanciarsi in cambi di tempo e altre amenità che mi fanno pensare a gruppi ben più tecnici come Sadus e Watchtower. Nota positiva: una volta tanto la produzione si preoccupa di fare sentire bene il basso (non è roba da poco, un pezzo come Dawn Patrol si regge tutto sulla linea di basso). E in due o tre brani le liriche sono pure valide (Rust in Peace... Polaris per tutte). Di sicuro coinvolgimento brani come Lucretia, la classica Hangar 18 e... diciamo tutto il disco. 40 minuti per ogni quindicenne che vuole approcciarsi per la prima volta al genere (o per un appassionato che cerca qualcosa di classico). Riuscitissimo per chiunque voglia un ascolto aggressivo ma facile. Troppo ruffiano per i miei gusti, ma non posso dire di non essermi divertito.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
Artista: Megadeth
Anno di pubblicazione: 1990
Nazionalità: California, USA
Uno dei dischi che al più i metallari considerano tra i migliori della scena thrash tutta. Di certo uno dei più easy della scena. Groove accattivanti sin dall'iniziale Holy Wars... The Punishment Due, voce di Mustaine pulita (giusto un ombra di grezzume per far notare che stiamo comunque facendo metal), assoloni di Marty Friedman (roba che se vi piace Malmsteen vi farà godere, ascoltare Five Magics per credere). La sezione ritmica, poi, è in grado di lanciarsi in cambi di tempo e altre amenità che mi fanno pensare a gruppi ben più tecnici come Sadus e Watchtower. Nota positiva: una volta tanto la produzione si preoccupa di fare sentire bene il basso (non è roba da poco, un pezzo come Dawn Patrol si regge tutto sulla linea di basso). E in due o tre brani le liriche sono pure valide (Rust in Peace... Polaris per tutte). Di sicuro coinvolgimento brani come Lucretia, la classica Hangar 18 e... diciamo tutto il disco. 40 minuti per ogni quindicenne che vuole approcciarsi per la prima volta al genere (o per un appassionato che cerca qualcosa di classico). Riuscitissimo per chiunque voglia un ascolto aggressivo ma facile. Troppo ruffiano per i miei gusti, ma non posso dire di non essermi divertito.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6.5
domenica 20 luglio 2014
Woodkid - The Golden Age
Titolo: The Golden Age
Artista: Woodkid
Anno di pubblicazione: 2013
Nazionalità: Francia
Quattordici brani pop accompagnati da archi e pianoforte. Più, a seconda dei casi, fiati, percussioni, insomma tutto quello che serve per potergli arrangiamenti come "orchestrali" (termine che non volevo usare ma non mi viene in mente altro). Evviva Evviva, direbbe qualcuno. Io dico solo che il tutto sa di colonna sonora (non per nulla Yoann Lemoine viene dalla regia di video musicali) di un film ambientato ad inizio '900, probabilmente un storia di mare (appunto, essendo molto cinematografico può suggerire molto all'ascoltatore). Bene, questi i punti positivi. Di negativo? L'attitudine indie che ultimamente non riesco a mandare giù, il risultare volutamente vintage in maniera troppo manifesta (come se ogni brano dicesse "ehi, ascolta, sono uscito nel 2013 e si sente, ma sono costruito come un pezzo pop vecchio di mezzo secolo") e gli arrangiamenti troppo "eccessivi" per i miei gusti. Se non fosse una parola troppo pesante, lo definirei persino "pomposo". Ah, il gioco postmoderno di aggiornare ai nostri tempi cose vecchie sapendo che sono vecchie e quindi facendo notare il tutto descrivendole in maniera assolutamente contemporanea (sì, è una spiegazione contorta che potrebbe benissimo essere fatta meglio e con meno parole, ma non mi interessa). Onestamente, è un atteggiamento che mi ha un po' stancato. Anche più di un po'. Per fortuna i pezzi buoni ci sono (Stabat Mater e Run Boy Run, per citarne solo due).
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6
Artista: Woodkid
Anno di pubblicazione: 2013
Nazionalità: Francia
Quattordici brani pop accompagnati da archi e pianoforte. Più, a seconda dei casi, fiati, percussioni, insomma tutto quello che serve per potergli arrangiamenti come "orchestrali" (termine che non volevo usare ma non mi viene in mente altro). Evviva Evviva, direbbe qualcuno. Io dico solo che il tutto sa di colonna sonora (non per nulla Yoann Lemoine viene dalla regia di video musicali) di un film ambientato ad inizio '900, probabilmente un storia di mare (appunto, essendo molto cinematografico può suggerire molto all'ascoltatore). Bene, questi i punti positivi. Di negativo? L'attitudine indie che ultimamente non riesco a mandare giù, il risultare volutamente vintage in maniera troppo manifesta (come se ogni brano dicesse "ehi, ascolta, sono uscito nel 2013 e si sente, ma sono costruito come un pezzo pop vecchio di mezzo secolo") e gli arrangiamenti troppo "eccessivi" per i miei gusti. Se non fosse una parola troppo pesante, lo definirei persino "pomposo". Ah, il gioco postmoderno di aggiornare ai nostri tempi cose vecchie sapendo che sono vecchie e quindi facendo notare il tutto descrivendole in maniera assolutamente contemporanea (sì, è una spiegazione contorta che potrebbe benissimo essere fatta meglio e con meno parole, ma non mi interessa). Onestamente, è un atteggiamento che mi ha un po' stancato. Anche più di un po'. Per fortuna i pezzi buoni ci sono (Stabat Mater e Run Boy Run, per citarne solo due).
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6
martedì 13 maggio 2014
Christian Death - Only Theatre of Pain
Titolo: Only Theatre of Pain
Artista: Christian Death
Anno di pubblicazione: 1982
Nazionalità: California, USA
Non sono un amante della musica darkettona e devo ammettere che mi sono messo ad ascoltare Only Theatre of Pain con una buona dose di pregiudizi. Dopo l'ascolto confermo che non si tratta minimamente dle mio genere. Vogliamo però dire qualcosa su questo disco? Mi è piaciuto un ascco il modo in cui suonano il basso: linee ossessive, cupe e assolutamente distinguibili (sarà merito del lavoro in studio ma non mi pare sminuente, anzi). A seguire chitarra abrasiva che a tratti mi ricorda i Nerorgasmo. Infine liriche macabre inneggianti al demonio e all'autolesionismo. Sono Americani e si sente. Non posso fare a meno di pensarlo: è un bel disco.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere 7.5
Artista: Christian Death
Anno di pubblicazione: 1982
Nazionalità: California, USA
Non sono un amante della musica darkettona e devo ammettere che mi sono messo ad ascoltare Only Theatre of Pain con una buona dose di pregiudizi. Dopo l'ascolto confermo che non si tratta minimamente dle mio genere. Vogliamo però dire qualcosa su questo disco? Mi è piaciuto un ascco il modo in cui suonano il basso: linee ossessive, cupe e assolutamente distinguibili (sarà merito del lavoro in studio ma non mi pare sminuente, anzi). A seguire chitarra abrasiva che a tratti mi ricorda i Nerorgasmo. Infine liriche macabre inneggianti al demonio e all'autolesionismo. Sono Americani e si sente. Non posso fare a meno di pensarlo: è un bel disco.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere 7.5
domenica 19 gennaio 2014
Marduk - Heaven Shall Burn... When We Are Gathered
Titolo: Heaven Shall Burn... When We Are Gathered
Artista: Marduk
Anno di pubblicazione: 1996
Nazionalità: Svezia
La quintessenza del black metal. Chitarre tanto veloci che a stento si riesce a seguire quell'accenno di melodia che viene suonata, batteria massacrante, basso pressoché inudibile e scream di quelli che fanno gelare il sangue nelle vene. Il tutto condito da testi pieni di riferimenti a messe nere, satanismo e tutto l'armamentario black condensato in poco più di una mezz'ora (e meno male, aggiungo io). In apertura a Glorification of the Black God (un titolo che è tutto un programma) si cita pure la Notte sul Monte Calvo di Musorgskij, che si potrebbe cercare di più?
Non sarà al livello di Those of the Unlight o Opus Nocturne ma rimane nettamente più valido di quella schifezza di Panzer Division Marduk.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6
Artista: Marduk
Anno di pubblicazione: 1996
Nazionalità: Svezia
La quintessenza del black metal. Chitarre tanto veloci che a stento si riesce a seguire quell'accenno di melodia che viene suonata, batteria massacrante, basso pressoché inudibile e scream di quelli che fanno gelare il sangue nelle vene. Il tutto condito da testi pieni di riferimenti a messe nere, satanismo e tutto l'armamentario black condensato in poco più di una mezz'ora (e meno male, aggiungo io). In apertura a Glorification of the Black God (un titolo che è tutto un programma) si cita pure la Notte sul Monte Calvo di Musorgskij, che si potrebbe cercare di più?
Non sarà al livello di Those of the Unlight o Opus Nocturne ma rimane nettamente più valido di quella schifezza di Panzer Division Marduk.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 6
lunedì 13 gennaio 2014
This Town Needs Guns - Animals
Titolo: Animals
Artista: This Town Needs Guns
Anno di pubblicazione: 2008
Nazionalità: UK
Prendi il math rock, rendi più liquide e piacevoli le chitarre, aggiungici un cantante da fare invidia agli Hoobastank e delle liriche depresse su amori perduti che nemmeno gli Smiths. E un cincillà, così gli snob si sentono colti anche in ambito di scienze naturali. Ciao.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5.5
Artista: This Town Needs Guns
Anno di pubblicazione: 2008
Nazionalità: UK
Prendi il math rock, rendi più liquide e piacevoli le chitarre, aggiungici un cantante da fare invidia agli Hoobastank e delle liriche depresse su amori perduti che nemmeno gli Smiths. E un cincillà, così gli snob si sentono colti anche in ambito di scienze naturali. Ciao.
Valutazione personale per chi non ha voglia di leggere: 5.5
Iscriviti a:
Post (Atom)